mercoledì 9 dicembre 2015

martedì 8 dicembre 2015

L'importanza del sesso dopo il parto


L'arrivo di un figlio è la cosa più bella del mondo, ma mette a dura prova l'identità della coppia. Perché se fino a nove mesi prima esisteva tra i due un’armonia fatta di giochi di seduzione, di complicità emotiva e sessuale, di baci, coccole e carezze, ora ci si concentra sul bebè. 
Non a caso la vita sessuale della coppia cambia, in molti casi, già in gravidanza: i partner si allontanano perché pensano di fare male al bambino; in altri casi è la donna che, già in gravidanza, proietta tutte le sue attenzioni sul bimbo che sta per nascere, allontanandosi sempre più dal compagno. Ma partiamo dal presupposto che solo e soltanto se ci sono delle chiare indicazioni mediche che sconsigliano il rapporto, in gravidanza la coppia può vivere tranquillamente la propria quotidianità affettiva e sessuale. Ma una volta che si partorisce che succede? Se non ci sono problemi particolari, non aspettate troppo. L'eccessiva lontananza può creare rancore e tanti altri problemi. Tenete presente che non necessariamente bisogna ricominciare con un rapporto completo, ma si può iniziare con effusioni e scambi affettivi che vi aiuteranno, pian piano, a ritrovare l’armonia di sempre, giocare con la propria sessualità è importante soprattutto in questi momenti. Questo perché la ripresa può essere più difficile delle attese. Bisogna darsi tempo per ritrovare la giusta armonia. Infatti può accadere che la donna senta dolore nei primi rapporti sessuali dopo il parto. Un fastidio che può avere diverse cause: le lacerazioni non si sono del tutto rimarginate, i tessuti sono ancora gonfi e doloranti o blocchi psicologici dovuti alla ripresa dei rapporti.  Può servire parlarne con il partner e magari rivolgersi a uno psicologo se il disagio continua in modo che aiuti entrambi: la donna a riscoprire nella persona che gli sta accanto non solo il padre di suo figlio ma il partner con cui ha deciso di condividere la sua vita e nel quale ha visto tratti e lati che l’hanno fatta innamorare; l’uomo a stare vicino alla sua compagna aiutandola a superare il disagio con piccole attenzioni, cercando di comprendere cosa sta succedendo nella psiche della propria amata. Pian piano, e insieme, ritroveranno la giusta armonia di coppia, anche dal punto di vista sessuale ed erotico. Mi raccomando, e mi rivolgo a voi donne, non fate le supermamme, fa male alla vostra vita di coppia. Meglio chiedere aiuto e ritagliarvi tempo con il partner. Dopo il parto, la vita sessuale della donna è influenzata dalla capacità di sentirsi una brava mamma. Care mamme, imparate a delegare. Il mondo vi chiede di essere supermamme? No, fatevene una ragione le mamme perfette non esistono! Sarete brave mamme anche se vi lascerete aiutare: il vostro piccolo è al sicuro anche se sta un po’ con il papà, con i nonni, con la baby sitter e con altre mamme con le quali potete organizzarvi per tenere i bambini a turno. E voi potete concentrarvi su due cose: da un lato, concedetevi una passeggiata per rilassarvi o una seduta dal parrucchiere o dall’estetista. Fatevi belle: vi aiuterà a sentirvi desiderate da vostro marito e a cedere con piacere alle sue avance. Dall’altro lato, quando avete la possibilità di staccarvi per un po’ dal bebè, ritagliate il vostro tempo per il partner: una sorpresa, una cena o anche solo una piccola attenzione, vi aiuteranno a ritrovarvi l’uno nelle braccia dell’altra” continua l’esperta. Dall’altra parte uomini datevi da fare! E non nascondetevi dietro la scusa che lei vi trascura. Fatele sentire belle, importanti e che le amate più di prima. Subito dopo l’arrivo di un bebè, implicitamente si crea nella coppia un equilibrio, per cui spesso se il bambino piange c’è chi si alza per prenderlo; chi pensa a cambiare il pannolino e chi prepara il biberon. Ecco, non importa chi dei due genitori faccia cosa: ciò che conta è che il papà non stia a poltrire sul divano a guardare la partita o giocare al telefonino mentre la mamma deve occuparsi da sola del bambino. Non solo, coccolate le vostre donne. Dopo aver avuto un bimbo, una donna ha bisogno di aiuto materiale, ma anche di sostegno morale: ‘piaccio ancora al mio partner?’, ‘mi vede ancora come una donna o solo come la mamma di suo figlio’, ‘mi desidera ancora come prima?’. Questi sono solo alcuni dei dubbi che si affollano nella mente delle neomamme. Fatele sentire importanti, belle, e che le amate anche più di prima. Una donna desiderata e amata è una grande compagna anche sotto le lenzuola
Mi raccomando giocate con la fantasia e sappiate cogliere quello che piace a entrambi. Se dopo il parto volete rimandare il rapporto completo, non rinunciate a vivere la sessualità in maniera diversa dal solito: l’erotismo ha tante sfaccettature. Sappiate cogliere quelle che vi fanno stare bene. Entrambi. E divertitevi!

venerdì 27 novembre 2015

Conosciamo insieme da cosa è caratterizzato una persona dipendente dal sesso



La nostra sessualità è mediata da un insieme complesso di fattori, tra i quali ritroviamo con un ruolo molto importante  la fantasia sessuale.  Ma che cos’è la fantasia sessuale e a cosa ci serve? Iniziamo a distinguere il tutto: avere una fantasia sessuale non significa desiderare necessariamente di mettere in atto quella situazione. Ovvero, tra fantasia e desiderio c’è una differenza sostanziale. La fantasia sessuale rappresenta “un film” eccitante, che è  utile ad alimentare ed attivare il nostro desiderio sessuale e la nostra eccitazione sessuale. L’immaginario erotico infatti, attraverso le fantasie sessuali, costituisce la nostra capacità di autoerotizzarci mentalmente. Quando immaginiamo una fantasia la nostra mente vive quell’immagine erotica “come se” la stessimo vivendo realmente, facendo sì che aumenti rapidamente in noi il desiderio sessuale e la conseguente eccitazione, con tutti i risvolti fisiologici ad essa correlati (es. erezione nell’uomo o lubrificazione nella donna). Chiariamo subito come detto prima che ciò che noi immaginiamo non sempre fa parte di ciò che desidereremmo mettere realmente in pratica nella nostra sessualità: è qui che si ritrova la differenza tra ciò che appartiene alla sfera del desiderio e ciò che appartiene alla sfera della fantasia ed è a questo livello che normalmente le persone tendono a fare maggiormente confusione, facilitando l’insorgere di enormi sensi di colpa. La sfera del desiderio è costituita da ciò che io vorrei agire realmente nella mia vita sessuale. Spesso ciò che desidero, fa parte anche delle mie fantasie, costituendo un pensiero di per sè eccitante e sessualmente attivante.
Ma sono diverse le fantasie sessuali femminili e quelle maschili? In uno studio pubblicato sul Journal of Sexual Medicine si afferma che una percentuale significativa di donne (dal 30% al 60%) evoca temi connessi con la sottomissione (ad esempio, essere legate, sculacciate, costrette ad avere rapporti sessuali). Nelle donne, inoltre, a differenza che negli uomini, si è riscontrata una netta differenza tra fantasia e desiderio; cioè molte donne che esprimono fantasie estreme di sottomissione (ad esempio essere sopraffatte da uno sconosciuto) non desiderano assolutamente che queste fantasie si avverino.
Alla maggior parte degli uomini, invece, piacerebbe che le fantasie si trasformassero in realtà (ad esempio il sesso a tre). Come atteso poi, la presenza di un altro significativo è considerevolmente più forte nelle fantasie femminili che nelle fantasie maschili. In generale, infatti gli uomini, anche se in coppia, fantasticano molto di più su relazioni extraconiugali rispetto alle donne.
Uno dei risultati più interessanti ha a che fare con il numero significativo di fantasie sessuali presenti solo negli uomini, per esempio, fare sesso con un transessuale, il sesso anale eterosessuale, e il guardare la propria partner fare sesso con un altro uomo.

Ma perchè spesso si sperimenta senso di colpa quando si ha una fantasia sessuale? Il senso di colpa è maggiore se il soggetto della fantasia non è costituito dal proprio partner, ma questo è più presente in noi donne. Ma non c’è nulla di più errato di questa credenza: la ricerca ha infatti dimostrato che più tempo dura una relazione, più è facile che le persone, soprattutto le donne, abbiano fantasie divergenti, cioè su partner diversi dal proprio. Dopo circa due anni di vita di coppia è normale sostituire nelle proprie fantasie il proprio fidanzato col vicino di casa, lo sconosciuto. Lo stesso vale per gli uomini. Questo accade per motivi fisiologici, ovvero per far sì che la coppia possa restare unita, sebbene sia stata superata la fase di innamoramento e passione dell’inizio: cambiare partner nelle nostre fantasie non equivale ad un tradimento, perchè non costituisce qualcosa che desidereremmo realmente fare. La fantasia sessuale consente di coltivare una sorta di  “giardino segreto” dove possiamo immaginare di fare o essere quello che vogliamo, mantenendo sempre accesa la fiamma del desiderio. Quindi coltivare questo giardino può essere d’aiuto, per ritrovare o aumentare l’eccitazione quando c’è un calo del desiderio. Nel caso si voglia condividere il proprio immaginario erotico col partner è bene spiegargli però se quel che gli stiamo raccontando fa parte della sfera della fantasia, e serve dunque per giocare a fantasticare insieme, o se fa parte della sfera del desiderio, ed è quindi qualcosa che vorremmo sperimentare con lui realmente.

Sebbene possa essere piacevole avere un compagno o una compagna “appassionati”, talvolta il desiderio sessuale può trasformarsi in una vera e propria ossessione, in cui il sesso non è più un profondo e benefico momento d’intimità col partner, ma diventa dipendenza verso qualcosa vissuta come estrema necessità.
Il dottor Sameer Parikh, psicologo, definisce la dipendenza sessuale come “una situazione in cui fare sesso è visto come l’unica priorità di una persona, spingendola a trascurare tutti gli altri aspetti importanti della vita, come il lavoro, il sonno e la vita sociale. La dipendenza e la compulsività verso il sesso include qualsiasi comportamento sessuale attuati in modo ossessivo, incontrollato e irrazionale, al punto da diventare auto-distruttivo. Le persone con questa diagnosi, sentono o possono avere poco controllo sul sesso e possono aver bisogno di una terapia psicologica o medica.”
Ma parliamo dei nostri dipendenti dal sesso, una ricerca condotta dai sessuologi dell’Istituto italiano per lo studio delle psicoterapie rivela che circa il 6% degli italiani tra i 20 e i 45 anni manifesta problematiche attinenti, per lo più uomini (ma le donne non sono poche) con una relazione abbastanza stabile, laureati e senza particolari problemi economici. Chi manifesta questi disagi, spesso soffre di depressione e ansia latenti e può manifestare aggressività verso il coniuge o i figli. Le relazioni sociali sono poche e superficiali, perchè il dipendente ha paura della vicinanza e avverte un senso di solitudine e isolamento.

Ma come possiamo riconoscere la dipendenza sessuale nel partner?
Si tratta di semplici suggerimenti che vi consiglio di valutare attentamente prima di prendere decisioni rispetto alla vostra relazione.
Lui potrebbe essere dipendente dal sesso se:
  • il classico rapporto sessuale non fa per lui: si lamenta spesso della mancanza di varietà sessuale tra voi. Un normale rapporto sessuale (valutate sempre quello che per voi è “normale” mi raccomando) non lo soddisfa mai e richiede sempre prestazioni sessuali da porno-star a volte anche mostrandovi attraverso video e filmati come vorrebbe che si facesse.
  • A volte può condurre una doppia vita: ha bisogno di avere una o più relazioni extra-coniugali esclusivamente per la gratificazione sessuale e anche se lo scoprite e gliene parlate, non ne può proprio fare a meno perchè non riesce a controllare i propri bisogni sessuali.
  • Si procura costantemente materiale a sfondo sessuale: non stiamo parlando di un uomo che occasionalmente prova piacere nel guardare materiale pornografico, ma di una persona che si dedica alla ricerca di questo materiale anche in posti e momenti in cui non è opportuno. Se nella sua cronologia trovate continue visite a siti porno e la sua mail box è piena di inviti da siti per adulti, tenete gli occhi aperti.
  • Ha il sesso costantemente in testa ( anche se qui chiedo la vostra attenzione, perché non deve essere il normale pensiero di un uomo riguardo al sesso ovvero le sue in media 18 volte al giorno ma deve essere quasi un ossessione ): se nel perseguire le sue relazioni sessuali trascura le proprie responsabilità sociali, professionali e spirituali.
  • Se diventa ogni giorno più cinico: se vi rendete conto che vive sentimenti negativi di colpa, vergogna o rimorso, perchè si rende conto che non riesce ad impedirsi di fare cose che ritiene sbagliato per sè e per la sua partner.

Ma come dicevamo sopra non è solo l’uomo a soffrire di questa problematica anche se in minima parte la donna potrebbe anche lei sviluppare una dipendenza da sesso ed ecco quello che potreste riscontrare.

Lei potrebbe essere ninfomane se:

  • è una procacciatrice di sguardi: se ha bisogno di attenzione da più di una persona. Se si trova tra amici, colleghi o qualunque altro uomo non può fare a meno di cercare di attirare l’attenzione su se stessa.
  • per lei, tutti desiderano fare l’amore con lei: vive con l’idea che tutti la desiderino e che lei sia l’unica al mondo in grado di saziare il bisogno di sesso di qualunque anima affamata.
  • E’ sempre impegnata in una relazione: il suo passato rivela una serie continua di relazioni, perchè non riesce a stare da sola. In più, ciascuno dei suoi precedenti compagni è estremamente diverso dagli altri, segno che non cerca una persona speciale accanto a sè, ma solo una persona.
  • vede il sesso ovunque: qualunque cosa le diciate, lei la interpreta sempre come messaggio sessuale. Ogni spezzone della vostra conversazione viene erotizzato per condurre al sesso. Perfino un comportamento passivo non è interpretato come una resistenza.
  • il sesso per lei è una droga: considera il sesso come medicina per qualsiasi problema e ansia. E’ difficile condividere con lei problematiche che non voglia curare col sesso.
  • vuole tutto e subito: questa è la sua aspettativa in una relazione anche nei primi incontri.
  • la rifiuti e sono dolori: se un giorno avete “mal di testa” e fallite, lei sperimenterà un estremo senso di rifiuto al punto da cadere in episodi depressivi

venerdì 30 ottobre 2015

Sex addiction, quando il sesso diventa dipendenza.


La dipendenza sessuale (o dipendenza dal sesso) comprende un insieme di condizioni psicopatologiche caratterizzate da pensieri e fantasie sessuali intrusive associate a perdita di controllo sui comportamenti sessuali. Questo disturbo viene comunemente definito “dipendenza sessuale“, ma anche “ipersessualità”; in inglese “sex addiction” o “sex dependence”. Come per un tossicodipendente, si va incontro al fenomeno del craving, ovvero l’intenso desiderio della cosa dalla quale l’individuo dipende, dell’assuefazione e a sintomi di astinenza. Il dipendente sessuale ha bisogno di aumentare di conseguenza i comportamenti sessuali ma anche la loro intensità, al fine di mantenere l’effetto desiderato e, con l’andare del tempo, si manifestano dei veri e propri cambiamenti psicofisiologici (tra tutti un aumento della sintomatologia ansiosa) e lo stesso comportamento di dipendenza sessuale viene attuato per alleviare o evitare tali sintomi di astinenza.
Il sesso diviene un’esigenza primaria per il quale tutto il resto può venire sacrificato, inclusi la salute, la famiglia, gli amici e il lavoro. I comportamenti che i dipendenti sessuali possono mettere in atto sono i più svariati e possono includere: promiscuità sessuale, sesso con prostitute o prostituzione personale, continue fantasie sessuali, masturbazione compulsiva, esibizionismo, voyeurismo, frotterismo, pratiche di tipo sadomasochistico, dipendenza da materiali o linee telefoniche a carattere pornografico e ipersessualità all’interno di una relazione stabile in misura tale da squilibrarla. Inevitabilmente però l'euforia del dipendente sessuale dura tanto quanto dura il rituale sessuale. Cessato l'orgasmo infatti il più delle volte sperimenta sentimenti negativi di autosvalutazione rispetto ai quali il bisogno di sollievo è assolutamente necessario. In questo modo si stabilisce un ciclo vizioso di uno stato progressivo che alla fine rende la vita del dipendente impossibile da gestire. In altri casi, i dipendenti hanno perso contatto con le loro emozioni al punto che, in seguito all'atto sessuale, non provano emozioni negative ma nemmeno positive. Il piacere dell'orgasmo svanisce lasciando spazio a un senso di vuoto emotivo, di indifferenza. Il sesso diviene quindi un rifugio che permette alla persona di fuggire da una vita caratterizzata dal sentimento della vergogna e dalle convinzioni di base disfunzionali, per accedere in una realtà nella quale sperimenta, illusoriamente, un sentimento di connessione interpersonale, un valore personale, il controllo dei propri comportamenti, una sensazione di piacere, l'idea di una vita piena di significato. 
Per capire meglio come funziona la dipendenza sessuale è interessante leggere questa definizione di Willy Pasini “Nella testa del dipendente sessuale … : non c'è posto per il mondo dell'altro. Il fuoco che divampa nel profondo di chi è preda della dipendenza sessuale brucia qualsiasi interazione col compagno. La corte? Macché: roba del tutto inutile. I bisogni dell'altro o dell'altra? Secondari. Quello che davvero conta è appagare la propria voglia di sesso”.

Ma quali sono in effetti i comportamenti di un sex addiction? Ritroviamo: 


- discontrollo sui pensieri e sui comportamenti sessuali;


- continue fantasie sessuali (anche irreali);


- elevati livelli di ansia;








- senso di colpa, di vergogna e abbassamento dell’autostima;


- utilizzo di materiale pornografico;






- malattie veneree;




- problemi di concentrazione, attenzione e memoria;


- forte dispendio economico (per tutto ciò che concerne il sesso);


- seri problemi nei rapporti interpersonali (alcune volte con la loro perdita);


- seri problemi nel lavoro (alcune volte con la sua perdita);


- isolamento.



E' fondamentale distinguere però, la dipendenza sessuale da un notevole e sano appetito o desiderio sessuale, in quanto tantissime persone possono ricercare il sesso e il piacere nelle varie manifestazioni di cui parlavo sopra e con una certa intensità, senza per questo essere dei dipendenti sessuali. Quello che caratterizza una vera e propria sex addiction (dipendenza da sesso) é innanzitutto la centralità del sesso, che é quindi la preoccupazione primaria della persona, la mancata preoccupazione per le conseguenze della propria condotta sessuale, che ha spesso come conseguenza l'incapacità e l'impossibilità dell'individuo di astenersi dai propri comportamenti nonostante le conseguenze negative, proprio questa impossibilità di controllare l'impulso sessuale, che invece di essere "gestito" gestisce la vita della persona, segna definitivamente il confine tra la dipendenza conclamata e un notevole, ma soprattutto sano appetito sessuale.

mercoledì 14 ottobre 2015

Il mito della donna multi orgasmica ... a cui tutte possiamo aspirare!


La parola orgasmo deriva dal greco «orga »: bruciare d’ardore. E’ il meccanismo del piacere sessuale: si scatena all'improvviso, dopo una fase di eccitazione, e dura alcuni secondi. In generale, è il risultato della stimolazione delle zone erogene, sia nell'uomo che nella donna. Dal punto di vista fisiologico si assiste ad una escalation di contrazioni negli organi genitali, che si susseguono a meno di 1 secondo l’una dall'altra, fino a raggiungere un punto di non ritorno, dopo il quale si prova un intenso piacere, che dura, più o meno, una decina di secondi. Ma l’orgasmo non è semplicemente un piacere fisico molto intenso, seppure brevissimo, ma è qualcosa che dona una sensazione di benessere e di appagamento alla persona in tutti i suoi aspetti. Uno studio ha, ad esempio, recentemente dimostrato che le donne che si ritengono sessualmente soddisfatte mostrano di godere di un maggiore benessere psicologico e di una maggiore vitalità rispetto alle donne sessualmente insoddisfatte.


Quando parliamo di orgasmo al femminile, dobbiamo riferirci all'orgasmo vaginale o clitorideo. Solo tre donne su dieci riesce a raggiungere l’orgasmo vaginale, mentre la maggior parte delle donne prova un orgasmo clitorideo. Va detto tuttavia che l’orgasmo vaginale è comunque dovuto alla stimolazione del clitoride. Non riuscire a provare l’orgasmo vaginale non deve essere considerato un problema, perché, come dice la sessuologa Helen Kaplan, l’orgasmo femminile in realtà è uno solo ed avviene nel cervello, più che negli organi genitali.


L’orgasmo femminile, a differenza di quello maschile, può ripetersi a breve distanza di tempo: la donna, infatti è in grado di provare orgasmi multipli, cosa che all'uomo accade raramente, in quanto fra un orgasmo e l’altro deve rispettare un tempo di latenza, in cui il suo sistema genitale sembra bloccato a nuove stimolazioni. Questo tempo di latenza può durare nell'uomo da qualche minuto a diverse ore, mentre nella donna dura in genere pochi secondi.


Il mitizzare il fenomeno dell’orgasmo multiplo ha la stessa aurea mistica dell’orgasmo simultaneo: tutti lo vogliono e molti lo cercano, convinti che entrambi portino un piacere assoluto non raggiungibile con un solo orgasmo. In realtà si vive benissimo senza orgasmi multipli e simultanei, dal momento che non sono indispensabili per una sessualità di coppia appagante. È importante distinguere tra questi due tipi di orgasmo: come dicevamo poc'anzi dopo ogni orgasmo sequenziale è indispensabile una pausa, anche breve, (detta periodo refrattario), necessaria per ripartire con il rapporto alla volta di un altro o altri orgasmi. Questo modo di vivere il piacere è alla portata di molte donne, quando il partner continua a stimolare il clitoride, e di molti uomini che non hanno bisogno di lunghe soste tra un'eiaculazione e l’altra.
L’orgasmo multiplo, invece, non ha momenti di pausa, la tensione sessuale e l’eccitazione non scendono mai, così come l’orgasmo non richiede periodi refrattari. Si prosegue con un’ondata di piacere dopo l’altra, in una situazione di eccitazione continua, che prevede picchi di alto piacere. Il pensiero di provare o far provare orgasmi multipli, però non deve divenire un’ossessione, ma è importante che resti un gioco, una delle tante possibilità che si possono sperimentare nel mondo dell’erotismo.





Viene quindi da chiederci spontaneamente: tutti possono raggiungere l’orgasmo multiplo?
Bisogna precisare che l’orgasmo multiplo non è qualitativamente superiore a quello singolo, quindi la situazione sessuale non deve diventare una palestra dove allenarsi per raggiungere il massimo. L’orgasmo multiplo è solo una variante sessuale, che si può sperimentare, ma anche no. Ci sono molte donne che, infatti, dopo l’orgasmo entrano in un periodo refrattario simile a quello maschile, durante il quale sono restie a ulteriori stimolazioni del clitoride che diventa ipersensibile.
L’importante per una coppia è vivere in maniera tranquilla e rilassata la sessualità, senza volere ad ogni costo raggiungere primati da guinnes. Ognuno ha il proprio modo di raggiungere il piacere che non necessariamente è uguale per tutti.

venerdì 9 ottobre 2015

Tutte lo vogliono, ma … quando l’orgasmo non arriva



La sessualità è parte fondamentale ed integrante dell’essere umano; amore, affetto e intimità giocano un ruolo essenziale nelle relazioni sane che ci accompagnano dall'infanzia fino alla vecchiaia. Si sente spesso parlare dell’importanza della salute fisica, mentale e spirituale dell’individuo ma, troppo poco della necessità di raggiungere una buona salute sessuale.
In un universo così complesso e sfaccettato come quello rappresentato della sessualità femminile di conseguenza la sfera psicologica ha un’importanza fondamentale. 
Oggi voglio parlarvi dell’anorgasmia, ovvero, quando non si riesce a raggiungere l'orgasmo in seguito a stimolazione. Pare che 1 donna su 5 non riesca a raggiungere l'orgasmo e le motivazioni possono essere varie e differenti. Quest’incapacità di raggiungere un orgasmo o di provare piacere viene vissuta con ansia e imbarazzo, la donna può non sentirsi all’altezza del proprio partner o viceversa questo disagio genera nel compagno uno stato di ansia e di inadeguatezza per l’incapacità di portare la propria compagna all’orgasmo. Tutto questo non fa altro che aggravare la situazione rendendo frustrante un rapporto che per natura dovrebbe essere caratterizzato da sfumature di piacere e complicità..
E’ importante distinguere se si tratta di anorgasmia primaria (il disturbo è sempre stato presente, fin dall'inizio della vita sessuale della persona), o di un’anorgasmia secondaria (il disturbo sopravviene in un secondo tempo, dopo un periodo di attività sessuale normale). Ancora, l'anorgasmia è generalizzata se è presente sempre e situazionale se lo è solo in certe occasioni. Ma l’anorgasmia è innanzitutto un problema di contatto con il proprio corpo, con la propria immagine corporea, con il ruolo che si pensa di avere nella vita di tutti i giorni. Le altre cause che possiamo riscontrare nell’anorgasmia sono le seguenti:
• Ansia da prestazione, ovvero quell'ansia anticipatoria che danneggia o compromette l'intimità.
• Blocchi psicologici provocati dall'essere stati vittime di violenze sessuali, magari rimosse a livello inconscio.
• Educazione rigida e sessuofobica.
• L'assenza di stimolazione clitoridea. Molte volte noi donne proviamo imbarazzo e vergogna a manifestare questa esigenza e desiderio, come se nei preliminari e nel rapporto rappresentasse un qualcosa di superfluo.
• Una coppia inadeguata: molte volte l'anorgasmia, viene detta "anorgasmia situazionale", si manifesta cioè con alcuni partner e non con altri.
• Una disfunzionalità del pavimento pelvico: una buona funzionalità della muscolatura del pavimento pelvico contribuisca alla fase eccitatoria di plateau e, conseguentemente, al raggiungimento dell'orgasmo femminile, quindi la salute ginecologica della donna diventa fondamentale per una salute sessuale.
• Cause iatrogene derivate dall'assunzione di sostanze psicotrope ed antidepressive. Droghe, ormoni e farmaci sono tutte sostanze che possono avere un effetto inibitorio sull'orgasmo.
• Un "eccessivo autocontrollo": in questo caso più predisposte a soffrirne sarebbero quelle persone eccessivamente rigide con se stesse, che difficilmente si lasciano andare dal punto di vista emotivo.
Ma se ci rendiamo conto che soffriamo di anorgasmia come possiamo agire per risolvere il tutto?
Chiaramente la cura dell'anorgasmia dipende dalla causa che ha originato il problema. In primo luogo è importante parlare del problema e non vergognarsi. L'aiuto del partner può essere in questi casi necessario perché proprio nella complicità di coppia risiede il segreto di una vita sessuale appagante. E' importante imparare a lasciarsi andare, fare l'amore quando si ha effettivamente il desiderio, e usare tutti i trucchi (sex toys inclusi) per aumentare e amplificare le sensazioni fisiche. Ad esempio può essere eccitante fare l'amore bendati, praticare massaggi l'un l'altra che aumentino lo stimolo erotico, permetter al partner di toccare tutto il corpo per scoprire le zone più erogene
Nello stesso tempo è utile rivolgersi ad uno psicologo che a seconda della severità del disturbo aiuterà la donna e la coppia con una terapia mirata a fornire elementi di educazione emozionale e sessuale. In quest'ultimo caso, il programma di trattamento di solito è composto da tre fasi:
• La prima è di esposizione graduale e prevede che il paziente impari progressivamente a conoscere il proprio corpo e le sensazioni che si provano. 
• La seconda fase è rappresentata da un percorso verso l'intimità, che esplori le resistenze psicologiche della paziente e le dinamiche di coppia che hanno contribuito all'insorgenza e soprattutto al mantenimento del disturbo clinico. 
• La fase conclusiva consiste invece in specifici esercizi finalizzati ad aumentare il tono della muscolatura vaginale, implementando l'intimità e la confidenza tra i partners. 
Il primo obiettivo del percorso da attuare è quello di imparare le sensazioni premonitorie connesse all'orgasmo, imparando a non rinnegarle e censurarle.
Questo perché la sessualità è una sfera talmente piacevole e di tale complicità che vale la pena viverla in modo spensierato e sublime.

mercoledì 9 settembre 2015

Quando nella nostra testa un cricetino continua a girare: i nostri pensieri negativi!

Ognuno di noi quando opera una scelta o pensa a tutto ciò che gli succede mette in moto una sorta di dialogo interno, ovvero quell'insieme di pensieri che si esprimono sotto forma di affermazioni, giudizi e commenti su di noi, sugli altri e sugli eventi, valutazioni, considerazioni e suggerimenti che ci girano intorno incessantemente nella mente, accompagnando le attività che svolgiamo e tutto ciò che ci accade durante la giornata. Tutto questo non avviene, perché ci piace arrovellarci per ogni cosa e quindi stare li a pensare a ripensare ma sono dei pensieri automatici e per la maggior parte inconsapevoli. A volte possono diventare così intrusivi da non permetterci di goderci altro; un aspetto positivo di questo nostro modo di “funzionare” è che tutto questo non è inconscio e quindi con la dovuta attenzione ed un po’ di esercizio, possiamo imparare ad ascoltarli, identificarli ed intervenire per modificarne l’influenza negativa.
La presenza di un dialogo interno costituito per la maggior parte da pensieri negativi automatici è responsabile della comparsa di stati d’animo ed emozioni prevalentemente spiacevoli o negative. Potremmo quindi pensare che combattere, eliminare, controllare, bloccare o modificare tali pensieri sia una buona soluzione a tutti i nostri pensieri, ma non è ricorrendo a queste tecniche di “autoconvinzione” che si potrà trovare il sollievo desiderato, né si potrà ottenere un cambiamento a lungo termine. Infatti, ripetere passivamente a se stessi frasi ottimistiche quali “sono il più forte” o “sono il migliore” non servirà a molto e spesso addirittura può far stare anche peggio.
Infatti, nel momento in cui ci si sente incapaci o sopraffatti, cercare di essere positivi a tutti i costi e l’aspettativa che questa basti a cambiare le cose potrebbe creare quello che in psicologia si chiama DISSONANZA COGNITIVA tra ciò che è profondamente radicato e la ripetizione di questa formuletta in cui fondamentalmente non si crede del tutto, creando false aspettative di successo che difficilmente si verificheranno, rischiando di provocare un peggioramento dello stato d’animo e confermando la convinzione di essere incapaci.


Ma cosa possiamo fare allora? 
Innanzitutto, poiché i pensieri negativi sono per la maggior parte automatici ed involontari, occorre imparare ad essere consapevoli del momento in cui si affacciano alla mente.
Impariamo a non identificarci con i nostri pensieri poiché essi appaiono e scompaiono indipendentemente dalla nostra volontà 
i pensieri non sono fatti concreti, ma il riflesso di certe nostre convinzioni e delle nostre paure. non sono reali. Impariamo ad osservarli con distacco
non combattiamoli e non contrastiamoli toglieremo loro energia e ci sentiremo meglio.

Ricordatevi sempre che per apprendere la presenza e la consapevolezza dei pensieri negativi OCCORRONO TEMPO ED ESERCIZIO COSTANTE. Se doveste rendervi conto di non riuscire da soli nel contrastare tutto questo ricordatevi che potete sempre rivolgervi ad uno psicologo che vi aiuterà sostenendovi in questo nuovo percorso di consapevolezza dei vostri pensieri.

martedì 18 agosto 2015

La provocazione, ovvero quando i bambini sfidano i genitori.


Quante volte vi è capitato di assistere ad una scena che vi propone come attori principali un bambino, una mamma, un oggetto proibito? “Francesca non si prende quello, se cade si rompe, mettilo subito giù!” e in due secondi netti l’oggetto è giù si, ma sul pavimento in mille pezzi con la piccola Francesca che guarda dritta negli occhi la sua mamma con fare di sfida. Francesca ha provocato la mamma!
Questo atto di provocazione intenzionale messo in atto dal bambino è un modo tutto suo per attirare l’attenzione di chi gli sta intorno, di solito lo vediamo comparire intorno ai 18-24 mesi di vita. Insieme al capriccio fatto buttandosi a terra, gridando e piangendo, il capriccio da sfida è un suo modo di comunicare al proprio genitore una necessità, un suo malessere; in questa fase di vita il bambino ancora non riesce a gestire le proprie emozioni, il sapere aspettare, il sapersi controllare, l’accettazione dei no viene acquista con il tempo grazie all’esperienza vissuta e l’interazione degli adulti che ruotano intorno a lui.
Ma allora cosa dovremmo fare? La prima cosa da fare sia nel capriccio da provocazione che nel capriccio vero e proprio è di non cedere mai. So che può non sembrare semplice, so che molte volte mi sento dire: si ma per non sentirlo piangere o per togliersi quel martellante “Lo voglio! Lo voglio! Lo voglio!” farei qualsiasi cosa!. Ma è importante non cedere per non far sentire il bambino premiato, grazie alla messa in atto di un comportamento sbagliato e per non fare in modo che ora lui possa considerare questo modo di agire giusto e quindi metterlo in pratica ogni qualvolta desideri qualcosa.
Quindi la parola d’ordine del genitore deve essere quello di non accontentare il bambino nel momento del capriccio e soprattutto di non rispondere a tono, ma si dovrebbe prendere il bambino e spiegare in modo fermo e con tono neutro che sta sbagliando, che non si può fare, che le cose non si chiedono in questo modo e dire con assoluta chiarezza quello che ci si aspetta da lui, come ad esempio: “ora alzati e smetti di urlare”.


Inoltre, stabilisci poche e molto chiare regole e pretendi che vengano seguite sempre, avere dei limiti ben definiti e riconoscibili aiuta il bimbo a rispettarli e l’adulto a farli rispettare limitando le occasioni di scontro. Un piccolo segreto, che tutti conoscono: i bambini agiscono per imitazione non aiutiamoli ad appropriarsi in modo assolutistico del no! Cerchiamo noi adulti di contenerli quando parliamo in modo da non farlo diventare una parola importante e quindi un arma nel linguaggio del nostro bambino
Infine, facciamo un bel respiro e pensiamo che questa è una fase normale dello sviluppo del nostro bambino e che quindi sarà assolutamente passeggera, per il resto in bocca al lupo!


lunedì 17 agosto 2015

Il gioco come esperienza di vita!

Il gioco rappresenta uno dei modi privilegiati per esplorare il mondo esterno e quello delle relazioni interpersonali, per sviluppare abilità motorie e cognitive, per sperimentare ruoli, per agire la propria creatività. Giocare è il modo di vivere che il neonato e il bambino si porterà dietro in tutto l’arco della sua vita; è in tutto e per tutto un modo di apprendere in una situazione “controllata”. La sua funzione prioritaria quindi è di conseguire, attraverso la manipolazione di strumenti di varia natura e genere, una migliore destrezza e nuove combinazioni di comportamenti dai più giusti a quelli sbagliati valutandoli via via attraverso l’esperienza. Il gioco è la prima esperienza coinvolgente e ricca di stimoli, capace di catturare l’attenzione, attivare e motivare anche i bambini con maggiori difficoltà, accompagnandoli nell’acquisizione di conoscenze, strategie e competenze. Neonato e bambino non deve essere lasciato a se stesso, ma deve sempre avere accanto a se un adulto significativo che lo aiuti, supporti e guidi senza stravolgere la sua modalità di azione agita nel gioco. Alcuni studi infatti, mettono in luce come, la presenza di un adulto significativo, che sia in grado di interagire con il bambino, soprattutto elaborando e guidando in maniera adeguata il gioco, possa favorire lo sviluppo cognitivo, oltre che l’equilibrio emotivo-affettivo.
L’aspetto sensoriale dei giochi di conseguenza riveste un ruolo fondamentale in tutto questo. Anche perché la nostra memoria assorbe e immagazzina le varie informazioni attraverso i sensi in queste proporzioni attraverso l’udito il 20 % , attraverso la vista il 50%, attraverso la comunicazione verbale il 70% e attraverso il “fare” il 90%. Quindi è il “fare”, il giocare che ci offre la più alta possibilità di memorizzare ciò che apprendiamo. Nel giocare, nel partecipare e nel mostrare memorizziamo l’esperienza e l’appreso. Quando lo svolgimento di un azione è immagazzinata nella nostra memoria possiamo giocare più disinvolti senza dover pensare al prossimo passo da fare.
Ecco perché favorire lo svolgimento dei giochi di natura sensoriale può aiutare il bambino fin dalla sua nascita a costruirsi capacità cognitive e sensoriali e modalità di vita più adatte al suo sviluppo. Ma come possono i giochi sensoriali incidere davvero così tanto nella psicologia e nel livello cognitivo del bambino? Per capirlo meglio vi propongo una piccola suddivisione dei nostri sensi nel gioco e come incidono nello sviluppo dei nostri bambini:
· Tatto: grazie ai giochi che includono il tatto aiutamo i nostri bambini fin dalla nascita nella comunicazione, la motricità fine, la coordinazione occhio-mano. Attraverso il contatto infatti lo aiutiamo a crearsi un proprio equilibrio psicologico e iniziamo a metter su i primi mattoni che costruiranno il suo senso di sicurezza. Non possiamo vedere se una cosa è calda o soffi ce. Toccare è molto importante per la vista. Vediamo quindi con le mani. Le mani e la bocca hanno più recettori che le altri parti del corpo. Ogni volta quando il tocco viene combinato con gli altri sensi, una parte più ampia del cervello viene attivata e si creano più reti neurali. In questo modo si libera una parte maggiore del potenziale di apprendimento. 






L’apprendimento viene stimolato attraverso il tocco;

· Vista: come abbiamo appena letto noi non ci costruiamo la visione delle cose solo con la vista ma dobbiamo aiutarci anche con il tatto. Quando il neonato tocca tutto intorno a sé, impara tutto sulle strutture, le forme e i colori. Mette le cose in bocca per “sentirle”. Un immagine visuale completa infatti si crea solo intorno agli 8 mesi;
· Udito: i giochi sonori aiutano il bambino nell’acquisizione sia del linguaggio sia del riconoscimento del ritmo, non solo musicale, ma dei ritmi propri e delle persone che si hanno intorno. Si riesce così a “donare” al bambino una capacità di adattamento molto più alta rispetto ai suoi coetanei e a sviluppare in modo più precoce la sua padronanza dei vocaboli;
· Olfatto e gusto: L’olfatto e il gusto sono strettamente collegati. Con il palato possiamo solo distinguere 3 gusti: acido, salato e dolce. Tutte le altre differenziazioni del gusto dipendono dall’olfatto. Quando mangiamo non ci saziamo solo ma il gusto e l’odore ci stimolano e ci procurano un piacere del cibo. L’olfatto da una parte ci trasmette piacere (fiori, profumo, frutta), dall’altra parte ci crea repulsione (rifiuti, gas di scarico, gli escrementi). L’olfatto e il gusto sono anche un sistema di allarme per il nostro corpo. Ecco perché è importante nei bambini attraverso il gioco aiutarli a distinguere queste differenze.






Giocando si impara, si esperimentano le proprie capacità e limiti, si simula la realtà e di conseguenza si riesce a valutare meglio le diverse situazioni della vita. Il gioco rende autonomi e richiede sempre decisioni autonome. Attraverso il gioco si costituisce la propria individualità e fiducia in se stessi, e si diventa più critici.



Quindi lasciamo i nostri bambini liberi di giocare e permettiamo al nostro “IO-BAMBINO” di continuare a giocare con loro!

giovedì 12 marzo 2015

Lunedi 16 marzo ... Psico-tea!!!

Vi aspetto lunedi 16 marzo dalle ore 17.30 presso "La torteria di Polly Dì" Via Fratelli Bandiera, Rende per il primo incontro dell'anno con lo psico-tea. Argomento: lo stress; scopriremo cosa è effettivamente lo stress, come è composto e come gestirlo!


martedì 17 febbraio 2015

DanziAMOci ... movimento d'autostima!

Sabato 28 febbraio alle ore 16.00 presso l'Associazione Serenamente donna e mamma ci sarà la presentazione gratuita del corso " DanziAMOci ... movimento d'autostima". Il potere del corpo si esprime attraverso il movimento, ogni atto è potenza e affermazione della propria esistenza (Spinoza).Vi aspettiamo!

martedì 13 gennaio 2015

Aiutooooo!! … Quando le paure hanno solo pochi mesi.

Come qualcosa di primordiale le paure sono presenti nella vita di ogni persona sin dalla nascita. Sono parte integrante dell’istinto di sopravvivenza che caratterizza tutte le creature viventi, non solo l’essere umano. Quindi anche i piccoli fin dai primi mesi di vita sviluppano queste paure.
La prima a presentarsi è la paura dell’abbandono, ovvero la reazione di paura e angoscia che il bambino manifesta quando si separa dalla madre. Di solito si presenta verso l’ottavo mese di vita quando inizia a prendere coscienza del fatto che lui è un essere autonomo rispetto alla madre che dal concepimento lo supporta e lo aiuta a soddisfare tutti i suoi bisogni, ora deve essere lui con i suoi atteggiamenti e i suoi comportamenti a dover “sopravvivere” alla vita.
Ecco perché molte volte dalle mamme con cui mi relaziono mi sento chiedere come mai  nonostante la sua presenza al bambino è sempre garantita quando si allontana anche momentaneamente dal suo campo visivo inizia a piangere disperato. Questo perché il bambino non ha ancora per sviluppato la cosiddetta capacità di memorizzazione che gli permette di riconoscere il fatto che se la mamma si allontana non lo fa per abbandonarlo definitivamente ma perché ha momentaneamente da fare e non può essere in quel momento fisicamente presente.  È intorno l’anno che tutto questo andrà via via svanendo grazie alla sua capacità di acquisire maggiori sicurezze e autonomie nella vita quotidiana, compresa la sicurezza che l’allontanamento della mamma è solo temporanea.

Ecco cosa assolutamente non dobbiamo fare: forzarlo ad andare in braccio all’estraneo, sgridarlo perché ci sembra di offendere chi abbiamo di fronte, non iper proteggere il bambino tenendolo sotto una campana di vetro , tutte le frasi che possono costituire una minaccia di abbandono (“se non la smetti me ne vado!”, “Basta con i capricci o me ne vado!”).

Cosa possiamo fare per aiutarlo a sopportare e superare al meglio questo momento di vita: stare comunque tranquille, mostrare fiducia verso chi si prende cura del piccolo, tranquillizzare il bimbo.



Un piccolo gioco da fare ogni tanto per consolidare l’idea che se la mamma va via è momentaneo e non “per sempre” è il gioco del cucù, un gioco antico che si basa sulla scomparsa e sulla riapparizione. La mamma si nasconde e poi riappare, oppure si nasconde il viso con le mani e subito dopo si scopre. Può essere utilizzato come rito liberatorio che rassicura il bambino dalla paura dell’abbandono. Nel gioco del cucù, infatti, la mamma scompare, ma riappare dopo pochi secondi.


Verso i nove mesi succede questo: una settimana fa il tuo bambino ha guardato con occhi strani il vicino di casa con cui prima stava tranquillamente? Ora si ritira fortemente se vede il pediatra, dei camerieri e altre persone che conosce poco? Nessun problema!  insieme alla paura dell’abbandono spesso appare anche quella riguardante l’estraneo. Il bambino guarda da un'altra parte, oppure fissa lo sguardo su qualcosa e sprofonda la testolina sulla spalla della mamma o si nasconde gattonando dietro i propri genitori. Il linguaggio del suo corpo non offre altra alternativa se non quella di comunicare: "Non tentare neanche di venirmi troppo vicino!"
L’estraneo viene visto come un ulteriore elemento di separazione dalle braccia della mamma e dalla sua presenza. Di solito questo tipo di paura varia d’intensità a seconda di come il bambino viene messo “ a contatto” con gli altri fin dalla nascita, supererà questa fase molto più facilmente imparando ad accettare la presenza degli altri.

In conclusione vi lascio con tre piccoli consigli per vivere al meglio queste due paura dei vostri cuccioli:
  • ·         Si sempre comprensiva, poiché affetto e sostegno dei genitori è lo strumento più efficace nella regolazione delle paure
  • ·         Abituiamolo a stare spesso con persone diverse anche per pochi minuti così che la mamma non sia l’unico punto di riferimento del bambino
  • ·         Non allontanarsi mai di nascosto perché questo accentuerebbe ancor più le sue ansie e paure



Le paure che quindi vivono i nostri cuccioli sono fisiologiche e transitorie e utili alla formazione della loro personalità, ad aiutare il legame di attaccamento con le figure di riferimento e a renderli più attivi da grande davanti alle ansie e alle angosce che li accompagneranno nel loro percorso di vita.

mercoledì 7 gennaio 2015

Primo colloquio gratuito per il mese di gennaio!

Per tutto il mese di Gennaio 2015 se senti il bisogno di iniziare un percorso di sostegno e supporto o vuoi mettere un pò in ordine nella tua vita e vivere in modo più sereno ti aspetto presso l'Associazione serenamente donna e mamma a Cosenza per un primo colloquio gratuito!