martedì 18 agosto 2015

La provocazione, ovvero quando i bambini sfidano i genitori.


Quante volte vi è capitato di assistere ad una scena che vi propone come attori principali un bambino, una mamma, un oggetto proibito? “Francesca non si prende quello, se cade si rompe, mettilo subito giù!” e in due secondi netti l’oggetto è giù si, ma sul pavimento in mille pezzi con la piccola Francesca che guarda dritta negli occhi la sua mamma con fare di sfida. Francesca ha provocato la mamma!
Questo atto di provocazione intenzionale messo in atto dal bambino è un modo tutto suo per attirare l’attenzione di chi gli sta intorno, di solito lo vediamo comparire intorno ai 18-24 mesi di vita. Insieme al capriccio fatto buttandosi a terra, gridando e piangendo, il capriccio da sfida è un suo modo di comunicare al proprio genitore una necessità, un suo malessere; in questa fase di vita il bambino ancora non riesce a gestire le proprie emozioni, il sapere aspettare, il sapersi controllare, l’accettazione dei no viene acquista con il tempo grazie all’esperienza vissuta e l’interazione degli adulti che ruotano intorno a lui.
Ma allora cosa dovremmo fare? La prima cosa da fare sia nel capriccio da provocazione che nel capriccio vero e proprio è di non cedere mai. So che può non sembrare semplice, so che molte volte mi sento dire: si ma per non sentirlo piangere o per togliersi quel martellante “Lo voglio! Lo voglio! Lo voglio!” farei qualsiasi cosa!. Ma è importante non cedere per non far sentire il bambino premiato, grazie alla messa in atto di un comportamento sbagliato e per non fare in modo che ora lui possa considerare questo modo di agire giusto e quindi metterlo in pratica ogni qualvolta desideri qualcosa.
Quindi la parola d’ordine del genitore deve essere quello di non accontentare il bambino nel momento del capriccio e soprattutto di non rispondere a tono, ma si dovrebbe prendere il bambino e spiegare in modo fermo e con tono neutro che sta sbagliando, che non si può fare, che le cose non si chiedono in questo modo e dire con assoluta chiarezza quello che ci si aspetta da lui, come ad esempio: “ora alzati e smetti di urlare”.


Inoltre, stabilisci poche e molto chiare regole e pretendi che vengano seguite sempre, avere dei limiti ben definiti e riconoscibili aiuta il bimbo a rispettarli e l’adulto a farli rispettare limitando le occasioni di scontro. Un piccolo segreto, che tutti conoscono: i bambini agiscono per imitazione non aiutiamoli ad appropriarsi in modo assolutistico del no! Cerchiamo noi adulti di contenerli quando parliamo in modo da non farlo diventare una parola importante e quindi un arma nel linguaggio del nostro bambino
Infine, facciamo un bel respiro e pensiamo che questa è una fase normale dello sviluppo del nostro bambino e che quindi sarà assolutamente passeggera, per il resto in bocca al lupo!


lunedì 17 agosto 2015

Il gioco come esperienza di vita!

Il gioco rappresenta uno dei modi privilegiati per esplorare il mondo esterno e quello delle relazioni interpersonali, per sviluppare abilità motorie e cognitive, per sperimentare ruoli, per agire la propria creatività. Giocare è il modo di vivere che il neonato e il bambino si porterà dietro in tutto l’arco della sua vita; è in tutto e per tutto un modo di apprendere in una situazione “controllata”. La sua funzione prioritaria quindi è di conseguire, attraverso la manipolazione di strumenti di varia natura e genere, una migliore destrezza e nuove combinazioni di comportamenti dai più giusti a quelli sbagliati valutandoli via via attraverso l’esperienza. Il gioco è la prima esperienza coinvolgente e ricca di stimoli, capace di catturare l’attenzione, attivare e motivare anche i bambini con maggiori difficoltà, accompagnandoli nell’acquisizione di conoscenze, strategie e competenze. Neonato e bambino non deve essere lasciato a se stesso, ma deve sempre avere accanto a se un adulto significativo che lo aiuti, supporti e guidi senza stravolgere la sua modalità di azione agita nel gioco. Alcuni studi infatti, mettono in luce come, la presenza di un adulto significativo, che sia in grado di interagire con il bambino, soprattutto elaborando e guidando in maniera adeguata il gioco, possa favorire lo sviluppo cognitivo, oltre che l’equilibrio emotivo-affettivo.
L’aspetto sensoriale dei giochi di conseguenza riveste un ruolo fondamentale in tutto questo. Anche perché la nostra memoria assorbe e immagazzina le varie informazioni attraverso i sensi in queste proporzioni attraverso l’udito il 20 % , attraverso la vista il 50%, attraverso la comunicazione verbale il 70% e attraverso il “fare” il 90%. Quindi è il “fare”, il giocare che ci offre la più alta possibilità di memorizzare ciò che apprendiamo. Nel giocare, nel partecipare e nel mostrare memorizziamo l’esperienza e l’appreso. Quando lo svolgimento di un azione è immagazzinata nella nostra memoria possiamo giocare più disinvolti senza dover pensare al prossimo passo da fare.
Ecco perché favorire lo svolgimento dei giochi di natura sensoriale può aiutare il bambino fin dalla sua nascita a costruirsi capacità cognitive e sensoriali e modalità di vita più adatte al suo sviluppo. Ma come possono i giochi sensoriali incidere davvero così tanto nella psicologia e nel livello cognitivo del bambino? Per capirlo meglio vi propongo una piccola suddivisione dei nostri sensi nel gioco e come incidono nello sviluppo dei nostri bambini:
· Tatto: grazie ai giochi che includono il tatto aiutamo i nostri bambini fin dalla nascita nella comunicazione, la motricità fine, la coordinazione occhio-mano. Attraverso il contatto infatti lo aiutiamo a crearsi un proprio equilibrio psicologico e iniziamo a metter su i primi mattoni che costruiranno il suo senso di sicurezza. Non possiamo vedere se una cosa è calda o soffi ce. Toccare è molto importante per la vista. Vediamo quindi con le mani. Le mani e la bocca hanno più recettori che le altri parti del corpo. Ogni volta quando il tocco viene combinato con gli altri sensi, una parte più ampia del cervello viene attivata e si creano più reti neurali. In questo modo si libera una parte maggiore del potenziale di apprendimento. 






L’apprendimento viene stimolato attraverso il tocco;

· Vista: come abbiamo appena letto noi non ci costruiamo la visione delle cose solo con la vista ma dobbiamo aiutarci anche con il tatto. Quando il neonato tocca tutto intorno a sé, impara tutto sulle strutture, le forme e i colori. Mette le cose in bocca per “sentirle”. Un immagine visuale completa infatti si crea solo intorno agli 8 mesi;
· Udito: i giochi sonori aiutano il bambino nell’acquisizione sia del linguaggio sia del riconoscimento del ritmo, non solo musicale, ma dei ritmi propri e delle persone che si hanno intorno. Si riesce così a “donare” al bambino una capacità di adattamento molto più alta rispetto ai suoi coetanei e a sviluppare in modo più precoce la sua padronanza dei vocaboli;
· Olfatto e gusto: L’olfatto e il gusto sono strettamente collegati. Con il palato possiamo solo distinguere 3 gusti: acido, salato e dolce. Tutte le altre differenziazioni del gusto dipendono dall’olfatto. Quando mangiamo non ci saziamo solo ma il gusto e l’odore ci stimolano e ci procurano un piacere del cibo. L’olfatto da una parte ci trasmette piacere (fiori, profumo, frutta), dall’altra parte ci crea repulsione (rifiuti, gas di scarico, gli escrementi). L’olfatto e il gusto sono anche un sistema di allarme per il nostro corpo. Ecco perché è importante nei bambini attraverso il gioco aiutarli a distinguere queste differenze.






Giocando si impara, si esperimentano le proprie capacità e limiti, si simula la realtà e di conseguenza si riesce a valutare meglio le diverse situazioni della vita. Il gioco rende autonomi e richiede sempre decisioni autonome. Attraverso il gioco si costituisce la propria individualità e fiducia in se stessi, e si diventa più critici.



Quindi lasciamo i nostri bambini liberi di giocare e permettiamo al nostro “IO-BAMBINO” di continuare a giocare con loro!