Come
qualcosa di primordiale le paure sono presenti nella vita di ogni persona sin
dalla nascita. Sono parte integrante dell’istinto di sopravvivenza che
caratterizza tutte le creature viventi, non solo l’essere umano. Quindi anche i
piccoli fin dai primi mesi di vita sviluppano queste paure.
La
prima a presentarsi è la paura dell’abbandono, ovvero la reazione di paura e
angoscia che il bambino manifesta quando si separa dalla madre. Di solito si
presenta verso l’ottavo mese di vita quando inizia a prendere coscienza del
fatto che lui è un essere autonomo rispetto alla madre che dal concepimento lo
supporta e lo aiuta a soddisfare tutti i suoi bisogni, ora deve essere lui con
i suoi atteggiamenti e i suoi comportamenti a dover “sopravvivere” alla vita.
Ecco
perché molte volte dalle mamme con cui mi relaziono mi sento chiedere come mai nonostante la sua presenza al bambino è sempre
garantita quando si allontana anche momentaneamente dal suo campo visivo inizia
a piangere disperato. Questo perché il bambino non ha ancora per sviluppato la cosiddetta
capacità di memorizzazione che gli permette di riconoscere il fatto che se la
mamma si allontana non lo fa per abbandonarlo definitivamente ma perché ha
momentaneamente da fare e non può essere in quel momento fisicamente presente. È intorno l’anno che tutto questo andrà via
via svanendo grazie alla sua capacità di acquisire maggiori sicurezze e
autonomie nella vita quotidiana, compresa la sicurezza che l’allontanamento
della mamma è solo temporanea.
Ecco
cosa assolutamente non dobbiamo fare:
forzarlo ad andare in braccio all’estraneo, sgridarlo perché ci sembra di
offendere chi abbiamo di fronte, non iper proteggere il bambino tenendolo sotto
una campana di vetro , tutte le frasi che possono costituire una minaccia
di abbandono (“se non la smetti me ne vado!”, “Basta con i capricci o me
ne vado!”).
Cosa
possiamo fare per aiutarlo a sopportare e superare al meglio questo momento di
vita: stare comunque tranquille, mostrare fiducia verso chi si prende cura del
piccolo, tranquillizzare il bimbo.
Un
piccolo gioco da fare ogni tanto per consolidare l’idea che se la mamma va via
è momentaneo e non “per sempre” è il gioco del cucù, un gioco antico che
si basa sulla scomparsa e sulla riapparizione. La mamma si nasconde e poi
riappare, oppure si nasconde il viso con le mani e subito dopo si scopre. Può
essere utilizzato come rito liberatorio che rassicura il bambino dalla paura
dell’abbandono. Nel gioco del cucù, infatti, la mamma scompare, ma riappare
dopo pochi secondi.
Verso
i nove mesi succede questo: una settimana fa il tuo bambino ha guardato con
occhi strani il vicino di casa con cui prima stava tranquillamente? Ora si
ritira fortemente se vede il pediatra, dei camerieri e altre persone che
conosce poco? Nessun problema! insieme alla paura dell’abbandono spesso appare
anche quella riguardante l’estraneo. Il bambino guarda da un'altra parte, oppure
fissa lo sguardo su qualcosa e sprofonda la testolina sulla spalla della mamma
o si nasconde gattonando dietro i propri genitori. Il linguaggio del suo corpo
non offre altra alternativa se non quella di comunicare: "Non tentare
neanche di venirmi troppo vicino!"
L’estraneo
viene visto come un ulteriore elemento di separazione dalle braccia della mamma
e dalla sua presenza. Di solito questo tipo di paura varia d’intensità a
seconda di come il bambino viene messo “ a contatto” con gli altri fin dalla
nascita, supererà questa fase molto più facilmente imparando ad accettare la
presenza degli altri.
In
conclusione vi lascio con tre piccoli consigli per vivere al meglio queste due
paura dei vostri cuccioli:
- · Si sempre comprensiva, poiché affetto e sostegno dei genitori è lo strumento più efficace nella regolazione delle paure
- · Abituiamolo a stare spesso con persone diverse anche per pochi minuti così che la mamma non sia l’unico punto di riferimento del bambino
- · Non allontanarsi mai di nascosto perché questo accentuerebbe ancor più le sue ansie e paure
Le
paure che quindi vivono i nostri cuccioli sono fisiologiche e transitorie e
utili alla formazione della loro personalità, ad aiutare il legame di
attaccamento con le figure di riferimento e a renderli più attivi da grande davanti
alle ansie e alle angosce che li accompagneranno nel loro percorso di vita.